18 Luglio 2018, h. 16:59

STUDI – Alla scoperta delle filiere produttive con i big data della fatturazione elettronica

Nel nostro Paese il peso della burocrazia sulle imprese è notevolmente più elevato rispetto ai competitor europei. Secondo i dati di Eurobarometro della Commissione europea l’84% degli imprenditori in Italia ritiene che la complessità delle procedure amministrative sia un problema nell’attività dell’azienda, oltre venti punti superiore al 60% della media Ue. In tale contesto l’emissione della fatturazione elettronica costituisce, nella fase iniziale, un sicuro aggravio burocratico per le piccole imprese; l’impatto negativo, in futuro, potrà essere attenuato dalla gestione informatizzata del ciclo attivo e passivo di fatturazione.

Un vantaggio, a beneficio della conoscenza del tessuto imprenditoriale, che si potrebbe ottenere dal flusso dei big data di fatturazione consiste nella possibilità di disporre di dati a supporto di analisi innovative sulla struttura delle filiere produttive e sulla interdipendenza tra imprese. Al fine di realizzare questa innovazione è necessaria una collaborazione tra Istat ed Agenzia delle entrate che consenta di abbinare – in linea con le norme sulla privacy e sul segreto statistico – i dati strutturali delle imprese dei registri statistici con quelli inviati alla piattaforma di fatturazione elettronica e metta a disposizione nuove matrici intersettoriali che svelerebbero la composizione delle filiere produttive con la distribuzione del valore delle vendite, in riga, per classe dimensionale e settore dell’impresa venditrice e, in colonna, per dimensione e settore dell’azienda acquirente. Analoghe tavole per numero delle imprese, addetti, valore aggiunto, ecc., metterebbero in luce le caratteristiche strutturali dei diversi cluster che compongono le filiere.

Con questo innovativo trattamento del flusso delle fatture elettroniche potremmo misurare la partecipazione delle imprese alla filiera del made in Italy e l’attivazione della domanda di beni e servizi generata dalle esportazioni; potremmo cogliere la lunghezza delle filiere nazionali, misurare l’intensità delle relazioni tra imprese nei distretti e individuare nuovi sistemi territoriali di impresa basati sull’interdipendenza economica delle unità produttive. Il rilascio di un datawarehouse – quello dell’Istat ne è un ottimo esempio – consentirebbe agli oltre 5 mila professori e ricercatori universitari nel campo delle scienze economiche e statistiche e ai centri di ricerca di arricchire la produzione scientifica, conferendo alla ricerca economica italiana una posizione di leadership in Europa: l’Italia, infatti, è l’unico tra i maggiori Paesi dell’Unione che prevede l’obbligo di fatturazione elettronica estesa a tutte le transazioni B2B.

Lo schema che proponiamo produrrebbe analisi di grande interesse anche se applicato ai flussi di big data generati dalla fatturazione alla P.A., consentendo di analizzare gli effetti della domanda pubblica su occupazione e produttività delle imprese. Last but not least, si potrebbero associare servizi a valore aggiunto per le 988 mila imprese fornitrici della P.A. qualora la piattaforma che gestisce la fatturazione acquisisse i dati dei pagamenti delle Amministrazioni pubbliche; mediante una App si restituirebbero servizi quali la notifica degli avvenuti pagamenti e statistiche sui tempi medi di pagamenti delle P.A. clienti, contribuendo a migliorare il posizionamento digitale della Pubblica Amministrazione: secondo il DESI – Digital economy and society index – la quota di cittadini che interagiscono con la P.A. spedendo moduli compilati on line in Italia è pari al 13,3%, meno della metà del 30,1% della media UE.

In conclusione, il valore ottenibile dai nuovi dati producibili in base all’obbligo di fatturazione elettronica riequilibrerebbe, in parte, l’impatto generato sul sistema delle imprese, in particolare su quelle di minore dimensione.

L’analisi oggi sul Sole 24 Ore (Clicca qui per leggere l’articolo) a firma del Direttore Politiche fiscali di Confartigianato, predisposta con il contributo dell’Ufficio Studi.

 

 

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