20 Giugno 2019, h. 15:24 Territorio

REGGIO EMILIA – Apprendistato strada maestra per il ‘lavoro che serve’

Noi ci battiamo affinchè l’apprendistato diventi il contratto di inserimento nel mondo del lavoro”. Con queste parole il Vice Presidente Vicario di Confartigianato e Presidente di Confartigianato Emilia Romagna Marco Granelli ha ribadito la posizione di Confartigianato nel corso del convegno ‘Il lavoro che serve’ svoltosi il 19 giugno a Reggio Emilia e promosso da Confartigianato Lapam Federimpresa. Al confronto, moderato dal direttore de Linkiesta Francesco Cancellato, hanno preso parte Gilberto Luppi, presidente generale Confartigianato Lapam, Marco Bentivogli, segretario generale Fim Cisl; Michele Tiraboschi, professore di diritto del lavoro all’Università di Modena e Reggio Emilia e coordinatore scientifico di Adapt, l’associazione fondata da Marco Biagi; Annalisa Magone, presidente del centro di ricerca ‘Torino Nord Ovest’.
Il segretario generale di Confartigianato Lapam, Carlo Alberto Rossi, ha aperto i lavori con un riferimento a formazione e salario minimo: “Le piccole e medie imprese hanno un impellente necessità di un sistema formativo continuo, i percorsi esistenti devono essere rafforzati: in questo senso ci aspettiamo che Regione Emilia Romagna continui a sostenere, rafforzare e incentivare iniziative di politica attiva del lavoro. Occorre poi ridurre il numero di contratti collettivi nazionali, evitando la proliferazione di ‘contratti pirata’, sottoscritti da organizzazioni prive di rappresentatività. In questo senso l’introduzione di un salario minimo legale è semplicemente improponibile. La quantità proposta di 9 euro è peraltro fuori misura ed innescherebbe una dinamica incrementale con immediati effetti sul costo del lavoro per le imprese. Il vero grande intervento strutturale è quello della riduzione del cuneo fiscale”. Marco Bentivogli ha affermato: “La realtà è che con il digitale si sta costruendo qualcosa di diverso rispetto al lavoro come lo abbiamo diviso fino ad oggi: primario, industria, terziario. Oggi abbiamo un’opportunità straordinaria di riprogettare il lavoro, gli spazi, i tempi: gli spazi del lavoro sono ancora disegnati su un lavoro che non c’è più. Nel lavoro che serve la tecnologia deve essere un fattore abilitante che faccia aumentare il lavoro, che non obbliga le persone a lasciare il cuore e il cervello fuori dall’azienda”. Il segretario Fim Cisl ha aggiunto: “Nel nostro Paese abbiamo avuto un attacco contro l’alternanza scuola/lavoro: il progetto va sistemato, ma penso che anche friggere le patatine non faccia male. In Italia c’è una cultura che ‘schifa’ il lavoro e questo è molto preoccupante”.
Da parte sua, il Professor Michele Tiraboschi non ha dubbi: parlare di lavoro vuol dire parlare di apprendistato: “Abbiamo bisogno di un lavoro che è identità, cultura, territorio, comunità. Il sistema di cui ha bisogno il mercato del lavoro è un sistema che fa crescere professionalità e che fa partecipare le persone alla società in cui vive. Siamo un paese di 60 milioni di abitanti in cui lavorano 20 milioni di persone. Gli addetti nel manifatturiero avanzato stanno calando da anni e il terziario digitale non sta creando altrettanti posti di lavoro. Quindi quale lavoro serve oggi? Serve ripensare il sistema ripartendo da strumenti come l’apprendistato”.
E proprio sul tema dell’apprendistato il Presidente Marco Granelli ha insistito nel sottolineare l’importanza di strumenti, quali l’alternanza scuola-lavoro e l’apprendistato volti a ridurre la distanza tra il mondo della scuola ed il mondo del lavoro e, quindi, a favorire un più rapido ed efficace inserimento dei giovani nel mercato del lavoro. L’apprendistato, in particolare, continua ad essere il canale privilegiato per l’assunzione stabile e la trasmissione del sapere, in quanto strumento idoneo a coniugare formazione ed occupazione.
L’apprendistato – ha detto Granelli – continua quindi a giocare un importante ruolo di sostegno per l’occupazione giovanile, mantenendo un trend positivo nel corso del 2018 e nei primi mesi del 2019. In particolare: negli ultimi 12 mesi (aprile 2018 – marzo 2019) le nuove assunzioni in apprendistato di giovani under 30 sono 307.576; attraverso questo canale entrano nel mondo del lavoro 1.225 giovani per ogni giorno lavorativo; gli ultimi dati disponibili per le assunzioni dei giovani under 30 relativi al I trimestre del 2019 mostrano una maggior dinamicità per l’apprendistato che cresce del 3,7% su base annua, di 1,1 punti percentuali in più rispetto alla crescita del 2,6% degli ingressi a tempo indeterminato. L’integrazione tra sistema educativo e mondo del lavoro, imperniata sull’alternanza scuola – lavoro e sull’apprendistato e che trova la sua migliore espressione nei percorsi di istruzione e formazione professionale, rappresenta quindi la più efficace politica strutturale per affrontare l’urgenza della disoccupazione, consentendo ai giovani di orientarsi verso professionalità che corrispondano alle reali necessità del mercato del lavoro nonché di sviluppare competenze imprenditoriali. E ciò è tanto più vero se poniamo attenzione ad un problema, ormai strutturale, del nostro mercato del lavoro e rappresentato dal mismatch tra domanda ed offerta di lavoro.
Nel 2018, infatti, il fabbisogno occupazionale delle imprese italiane è stato di 3.494.970 persone, ma il 25,2% di questi potenziali dipendenti (ben 882.430 persone) risulta di difficile reperimento. L’85,2% del totale delle figure professionali richieste dalle aziende si riferiscono al settore dell’artigianato che però deve rinunciare a 743.100 assunzioni per la difficoltà di reperimento sul mercato del lavoro. Un maggior supporto all’apprendimento sul posto del lavoro, includendo anche l’acquisizione delle competenze digitali, potrà quindi contribuire a ridurre tale divario garantendo maggiore occupazione. E’ necessario pertanto continuare a sostenere e diffondere la cultura dell’alternanza e dell’apprendistato, favorendo la collaborazione e le sinergie tra imprese ed istituti scolastici: ciò consentirebbe di evidenziare ulteriormente la valenza formativa e professionale dell’apprendimento basato sul lavoro, anche nell’ottica di promuovere azioni di orientamento nei confronti delle famiglie, dei giovani e degli insegnanti”.
Infine, Annalisa Magone ha sottolineato: “La lentezza con cui vediamo affermarsi la cultura digitale in Italia non è dovuta alla pigrizia, ma al fatto che noi produciamo soprattutto beni fisici complessi (e non app). Capire come questi prodotti si stiano adeguando alla trasformazione in atto è fondamentale per comprendere come si evolverà il lavoro le competenze che esso richiede”.

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