19 Dicembre 2022, h. 15:53 Notizie

STUDI  – Italia sale al 1° posto in Ue a 27 per inflazione energetica. Con stretta monetaria, riduzione del deficit e ritardi PNRR rischio stagflazione

 

Nella seduta del 15 dicembre il Consiglio della Bce ha inasprito la stretta monetaria, con un ulteriore rialzo di 50 punti base i tassi di riferimento, portando l’aumento a 250 punti base da luglio a dicembre. I tassi di interesse aumenteranno ancora, “in misura significativa a un ritmo costante” per garantire un “ritorno tempestivo” dell’inflazione al target del 2%, da cui siamo ancora lontani: secondo i dati definitivi di novembre 2022 pubblicati venerdì scorso, l’inflazione nell’Eurozona scende al 10,1% dal 10,6% di ottobre, mentre in Italia rimane costante al 12,6%.

In un semestre di recessione tecnica – terzo trimestre 2022 e primo trimestre del 2023 con segno negativo della crescita del PIL – la politica monetaria diventa pro-ciclica e sincronizzata con una politica fiscale prudente, finalizzata a garantire una riduzione del debito, come confermato dalla parere della Commissione europea sul documento programmatico di bilancio dell’Italia pubblicato mercoledì scorso. Come evidenziato nel 22°report Confartigianato presentato il 5 dicembre, la manovra di bilancio varata dal Governo, nel 2023 è espansiva  portando l’indebitamento netto dal -3,4% PIL tendenziale (a legislazione costante) al -4,5% PIL programmatico (con effetti della manovra). Persiste, però, un elevato sforzo fiscale, con l’indebitamento netto strutturale, al netto delle misure una tantum e della componente ciclica, che si riduce di 1,3 punti, passando dal -6,1% del PIL nel 2022  al -4,8% del 2023.

Sulla crescita pesano anche i ritardi degli interventi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), come ha evidenziato una nostra recente analisi. Va ricordato che sulla previsione del Governo di crescita del PIL nel 2023 del +0,6%, 0,3 punti arrivano dalla manovra di bilancio e altri 0,3 punti dall’attuazione del PNRR: senza questi due impulsi l’economia italiana segnerebbe una ‘crescita zero’, avvicinandosi pericolosamente ad una stagflazione. Uno scenario di recessione e alta inflazione che non si concretizza da 47 anni: fu nel 1975 che il PIL scese del 2,4% a fronte di un tasso di inflazione del 17,0% mentre risultarono più contenuti i tassi di inflazione in altre recessioni (inflazione al +3,0% nel 2012, al +3,3% nel 2008 e al +4,6% nel 1993).

La più elevata inflazione in Italia è alimentata da una crescita dei prezzi dell’energia che non ha confronto in Europa. A novembre i prezzi dei beni energetici salgono del 68,1% (era 71,7% ad ottobre), un ritmo doppio del +34,9% della media dell’Eurozona. Si tratta dell’inflazione energetica più alta di tutta l’Unione europea a 27, dopo il marcato rallentamento registrato nei Paesi Bassi. Nel dettaglio, a novembre l’indice dei prezzi dell’energia elettrica in Italia sale del 174,8% (era 199,0% ad ottobre) a fronte del +39,6% registrato in Eurozona; persiste un ampio divario anche per i prezzi del gas, che in Italia salgono del 96,5% rispetto al 67,0% della media europea. Gli effetti recessivi sui bilanci di famiglie e imprese italiane innescati dal caro bollette sono più intensi rispetto agli altri paesi Ue: se prendiamo in considerazione la media dei primi undici mesi del 2022, l’indice dei prezzi di elettricità, gas e altri combustibili in Italia sale del 81,7% rispetto allo stesso periodo del 2021, in Germania del 33,2% mentre in Francia la crescita si ferma al 18,8%. Secondo le recenti valutazioni dell’Istat, per i consumi energetici dell’abitazione principale le famiglie residenti in Italia hanno sostenuto nel 2020 una spesa complessiva di 36,0 miliardi di euro, di cui l’83,8% è attribuibile al metano (15,6 miliardi di euro) e all’energia elettrica (14,5 miliardi). Seguono la legna da ardere e il pellet con 2,5 miliardi di euro, il GPL (di rete o in bombola/cisterna) con 1,8 miliardi di euro (5% della spesa totale) e il gasolio con 0,8 miliardi (2,3%). Una quota residua di spesa (0,7 miliardi di euro) compete agli impianti centralizzati (per riscaldamento o acqua calda), alimentati a biomasse o ad altra fonte.

Il divergente andamento dei prezzi delle commodities energetiche pone un problema di competitività delle economia italiana. Se prendiamo a riferimento l’aggiornamento dell’analisi di Bruegel curata da Giovanni Sgaravatti, Simone Tagliapietra e Georg Zachmann gli interventi contro il caro energia in Germania ammontano al 7,1% del PIL, 2 punti sopra al 5,1% dell’Italia, nonostante l’inflazione energetica tedesca sia di 28 punti inferiore a quella italiana (a novembre in Germania è pari al 40,1% a fronte del 68,1% in Italia). L’intensità degli interventi statali tende a correlarsi con la pressione dei prezzi energetici, ad eccezione, come visto sopra, della Germania e dei Paesi Bassi, in cui l’intervento è relativamente meno incisivo rispetto alla più alta inflazione energetica.

Infine, segnaliamo che i dati sul commercio estero rilasciati venerdì dall’Istat mostrano un allentamento della pressione della bolletta energetica a seguito del calo di domanda e della minore crescita dei prezzi all’importazione: ad ottobre 2022 il valore delle importazioni di energia segna un aumento del 57,5%, in decelerazione rispetto al +145,1% di settembre, risultato di un dimezzamento dell’aumento dei prezzi (67,1% rispetto al +144,1% a settembre) e di una riduzione del 5,8% dei volumi importati (+0,4%a settembre).

 

 

 

Interventi governativi per proteggere famiglie e imprese dalla crisi energetica nei maggiori paesi Ue e inflazione energetica

Inflazione energetica media 11 mesi 2022, interventi tra settembre 2021 e novembre 2022: aggiornamento al 29 novembre 2022 – Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Eurostat e Bruegel

Inflazione energetica e trend prezzi elettricità  gas in Ue 27

Ottobre  e novembre 2022, ordine per inflazione Energia – Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Eurostat

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