STUDI – Per una impresa di montagna tempi di accesso a infrastrutture di trasporto superiori del 62,7%
Cittadini e imprese nei comuni di montagna registrano una maggiore difficoltà negli spostamenti in relazione alla distanza dalle principali infrastrutture. La geografia del terreno rende più complessa e costosa la costruzione e la manutenzione delle strade e di altre infrastrutture di trasporto. Le più difficili condizioni meteorologiche, soprattutto durante l’inverno, possono causare eventi eccezionali come frane, esondazioni e smottamenti, rendendo difficili i collegamenti e aumentando i costi di manutenzione del territorio, spesso a carico di comuni di minore dimensione e con una più contenuta dotazione di risorse per gli investimenti. Per le imprese nelle aree montane è più difficile l’accesso ai mercati, alle catene di fornitura e ai servizi necessari per lo sviluppo dell’attività imprenditoriale. I maggiori costi per raggiungere mercati più ampi, al di fuori dell’area locale, possono limitare le opportunità di espansione delle imprese. Le difficoltà logistiche possono contribuire al calo della popolazione delle aree montane e alla scarsità di manodopera locale, rendendo ancora più difficile gestire e far crescere i sistema d’impresa. Inoltre, va ricordata l’elevata domanda di mobilità determinata dal turismo, uno dei driver dell'economia dei comuni di montagna, i quali presentano un elevato tasso di turisticità, pari a 17 pernottamenti per abitante e più del doppio della media nazionale di 7 pernottamenti per abitante.
Il report sulla montagna e i dati territoriali - L’analisi sui tempi di accesso degli imprenditori di montagna alle infrastrutture di trasporto è proposta nel report ‘Economia e imprese della montagna: perimetri e tendenze’ presentato lo scorso 29 maggio all’ evento Montagna Futura. I dati per regione e provincia sono disponibili nell’Appendice statistica "Imprese ed economia di montagna: dati per regione e provincia" pubblicata oggi: qui per scaricarla.
I tempi di accesso alla infrastrutture di trasporto più vicine - L’analisi dei dati sull’accessibilità dei territori comunali alle principali infrastrutture di trasporto più vicine evidenzia che chi proviene da un comune di montagna impiega in media 35,8 minuti, cioè 13,8 minuti in più (+62,7%) rispetto ai 22 che impiega chi proviene da un comune non di montagna per raggiungere il più vicino punti di accesso ad una autostrada, stazione ferroviaria, porto e aeroporto.
Nel dettaglio da un comune di montagna occorrono 97,8 minuti per arrivare ad un porto (30 in più rispetto ai 67,8 minuti degli altri comuni), 64,4 minuti per arrivare in aeroporto (26,2 in più rispetto ai 38,2 minuti degli altri comuni), 34,2 minuti per arrivare ad una stazione ferroviaria (13,6 in più rispetto ai 20,6 minuti degli altri comuni) e 27,8 minuti per accedere alla rete autostradale (10,5 in più rispetto ai 17,3 minuti degli altri comuni).
Questo divario di tempi di percorrenza, valutato per un profilo tipo di mobilità – si tratta di 73 viaggi in un anno, somma di 12 accessi a stazioni con traffico di treni a lunga percorrenza, 48 viaggi autostradali, 12 accesso ad aeroporti per servizi commerciali e 1 accesso a porti con traffico passeggeri - incrociato con il fatturato per impresa permette di stimare per un imprenditore attivo in montagna un maggiore costo annuo di 2.168 euro in più rispetto ad un imprenditore attivo altrove pari ad un extra costo del 22,3%.
A livello regionale si impiegano oltre 45 minuti per raggiungere le principali infrastrutture dai comuni montani di Molise (56,9 minuti), Lombardia (53,8 minuti), Umbria (48,2 minuti), Emilia-Romagna (46,7 minuti) e Basilicata (45,1 minuti). A livello provinciale si contano 52 province in cui si impiega più della media nazionale per accedere al sistema delle infrastrutture di trasporto: in particolare occorre oltre un’ora dai comuni montani di Sondrio (100,6 minuti), Agrigento (81,1 minuti), Sud Sardegna (76,5 minuti), Matera (74,2 minuti), Grosseto (72,5 minuti), Crotone (66,8 minuti) e Enna (62,6 minuti).
Tempi minimi di percorrenza dei comuni per tipologia di area ed infrastruttura*
Anno 2022. Minuti, indicatore cost to closest. Medie dei dati comunali ponderati con popolazione censuaria al 31 dicembre 2021 - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Istat
Tempo di percorrenza dalla montagna verso le infrastrutture più vicine per regione
Anno 2022. Minuti, indicatore cost to closest. Media ponderata con popolazione censuaria al 31 dicembre 2021 - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Istat
Le 52 province con tempo di percorrenza dalla montagna verso le infrastrutture più vicine superiore alla media
Anno 2022. Minuti, indicatore cost to closest. Media ponderata con popolazione censuaria al 31 dicembre 2021 - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Istat
STUDI - G7, Italia locomotiva nell’era dell’incertezza grazie al sistema di MPI
I temi chiave del cambiamento climatico, energia, intelligenza artificiale, insieme ai dossier su migrazioni, Medio Oriente e Ucraina saranno all’esame del Vertice del G7 si terrà dal 13 al 15 giugno a Borgo Egnazia, nella Valle d’Itria, in Puglia.
Nell’era dell’incertezza, Italia locomotiva del G7 – Nell’arco degli ultimi cinque anni si sono registrati i devastanti effetti della pandemia, l’incertezza causata da una guerra alle porte dell’Europa, uno shock inflazionistico innescato da una crisi energetica che ha colpito molte economie avanzate, diffuse strette monetarie da parte delle principali banche centrali e una crisi del commercio internazionale, amplificata dalla fine del 2023 dalla crisi del Mar Rosso che ha visto, nei primi cinque mesi del 2024, più che dimezzarsi il flussi di merci in transito nel Canale di Suez.
In questi anni di grande incertezza, l’economia italiana ha saputo reagire grazie ad una struttura imprenditoriale caratterizzata da un diffuso sistema di micro e piccole imprese (MPI), presentando un significativo dinamismo e collocandosi nelle prime posizioni tra i paesi del G7 per cinque variabili economiche chiave.
Nell’arco degli ultimi tre anni, caratterizzati dalle incertezze per la guerra in Ucraina, la bolla dei prezzi dell’energia, la stretta monetaria e la crisi del commercio internazionale, l’Italia si colloca al 1° posto tra i paesi del G7 per crescita del PIL pro capite, cumulando tra il 2021 e il 2024 un aumento del 6,4% davanti al +5,8% degli Stati Uniti e al +5,0% del Giappone.
L’Italia è al primo posto per riduzione del tasso di disoccupazione nel triennio 2021-2024 con un calo di 1,7 punti percentuali (p.p.), facendo meglio di Stati Uniti (-1,4 p.p.) e Canada (-1,2 p.p.).
Se consideriamo l’intero quinquennio 2019-2024, l’Italia è al 1° posto tra i paesi del G7 per crescita del rapporto investimenti/PIL, con un aumento di +3,6 p.p. davanti Germania (+0,7 p.p.) e Giappone e Canada (entrambi con +0,5 p.p.).
L’Italia mantiene una posizione avanzata per crescita del volume di esportazioni di beni e servizi, con un aumento cumulato del 9,9% tra il 2019 e il 2024, un tasso di poco inferiore al +10,8% del Giappone e risultando più del doppio del +4,0% della media del G7.
Sempre tra il 2019 e il 2024, l’Italia è al 2° posto tra i paesi del G7 per crescita del volume di esportazioni manifatturiere, registrando un tasso cumulato di crescita del 9,2%, dietro al Giappone (+10,8%), ma superando Stati Uniti (+7,1%), Canada (+3,0%) e Germania (+1,4%).
Dietro al successo del made in Italy, il primato di MPI e artigianato manifatturiero – L’ottima performance del made in Italy è supportata da un diffuso sistema di micro e piccole imprese manifatturiere, una delle caratterizzazioni dell’Italia all'interno del G7. L’analisi dei dati Ocse evidenzia che la quota di dipendenti nelle micro e piccole imprese manifatturiere nel G7 è del 25,0%, con una maggiore incidenza proprio per l’Italia con il 47,2%, davanti alla Francia con 30,9%, Giappone con 30,4%, Regno Unito con 28,3%, Canada con 24,3%, Germania con 19,7% e Stati Uniti con 18,4%.
Se consideriamo la dimensione dell’occupazione delle MPI manifatturiere, l’Italia sopravanza gli altri paesi europei del G7, con 1 milione 869mila occupati, davanti a 1 milione 577mila occupati della Germania e agli 815mila occupati della Francia.
Tra le maggiori regioni esportatrici, la quota di occupati nelle MPI manifatturiere è pari al 67,4% dell’intero comparto in Toscana, del 49,0% in Veneto, del 45,8% in Lombardia, del 44,5% in Emilia Romagna e del 38,5% in Piemonte.
Rilevante è l’apporto delle imprese artigiane che pesano per un terzo (34,1%) dell’occupazione manifatturiera in Toscana, un quarto (24,4%) in Veneto, il 21,9% in Emilia Romagna, il 17,6% in Piemonte e il 16,9% in Lombardia.
Performance di alcuni indicatori economici nei paesi del G7 e posizione dell'Italia
2019-2024 e 2021-2024, var. % cumulate e var. in punti percentuali - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Fmi e Ocse
STUDI – Manifattura in difficoltà, maggiore esposizione per Veneto, Marche ed Emilia Romagna. Granelli: "Serve contesto favorevole al fare impresa"
Il ritardo della ripresa del commercio internazionale – evidenziato da una nostra recente analisi pubblicata su IlSussidiario.net – contribuisce alla frenata della manifattura italiana. Inoltre, le imprese sono state ostacolate negli investimenti dal rincaro del costo del denaro, per cui è stata accolta positivamente da Confartigianato la decisione di giovedì scorso della BCE di iniziare il percorso di discesa dei tassi di riferimento.
I dati sulla produzione pubblicati stamane dall’Istat indicano che ad aprile prosegue la contrazione dell’indice della produzione, che presenta un calo del segno negativo per il quindicesimo mese consecutivo. La riduzione su base annua registrata ad aprile è del 3,0%, con cali settorialmente diffusi.
Il comparto in maggiore crisi è quello della Moda, in cui la produzione nel primo quadrimestre del 2024 cede del 9,9% rispetto un anno prima, e aggravando il -8,9% del primo trimestre dell’anno. Nel dettaglio per il tessile e abbigliamento si registra una flessione del 6,7% mentre il calo diventa più severo per pelle e calzature (-15,7%).
Cali più intensi della media anche legno con -3,3%, macchinari con -3,4%, gomma e materie plastiche con -3,5%, computer ed elettronica con -3,5%, vetro, ceramica, cemento con -3,8%, metallurgia con -4,7%, mobili con -4,9%, altre manifatturiere con -6,7%, stampa con -7,6% e autoveicoli con -12,4%. Nei settori no energy, l’unico comparto anticiclico è quello di alimentare e con un aumento tendenziale della produzione del 2,4%, mentre tiene (+0,8%) la carta.
In flessione la domanda di lavoro – La difficile fase congiunturale si riflette sulla domanda di lavoro: nel trimestre maggio-luglio 2024 le previsioni di assunzioni nella manifattura monitorate dal Sistema Excelsior di Unioncamere-Anpal cedono del 2,3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
I territori più esposti – A fronte di un peso dell’occupazione manifatturiera che in media nazionale è pari al 20,1%, vi sono alcuni territori che sono maggiormente esposti alla crisi, con un peso della manifattura che in Veneto è pari al 28,7% dell’occupazione totale, seguito da Marche con 27,6%,
Emilia-Romagna con 27,3%, Piemonte con 25,5%, Lombardia con 25%, Friuli-Venezia Giulia con 23,9%, Umbria con 21,8%, Toscana con 21,3% e Abruzzo con 21%.
In chiave provinciale – come evidenziato in una analisi dell’Ufficio Studi di Confartigianato Vicenza - la vocazione manifatturiera più elevata si osserva a Vicenza con 40,8% seguita da Belluno con 40,2%, Fermo con 39,6%, Modena con 37,7%, Lecco con 37,7%, Prato con 36,4%, Treviso con 34,6%, Brescia con 34%, Reggio nell'Emilia con 33,5% e Pordenone con 33,4%.
"I segnali che provengono dall'andamento dell'export e della domanda di lavoro - sottolinea il Presidente di Confartigianato Marco Granelli - impongono di rafforzare l'impegno per creare un contesto favorevole al fare impresa: riduzione della pressione fiscale, lotta alla burocrazia, contenimento dei costi della pubblica amministrazione, migliore accesso al credito, servizi pubblici e infrastrutture efficienti, giustizia rapida e welfare attento alle nuove esigenze dei cittadini e degli imprenditori".
Dinamica produzione manifatturiera per settore
Gen-apr. 2024, var. % tendenziale, dati corretti per calendario - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Istat
Peso occupazione manifatturiera per regione
2023, occupati manifattura estesa (B-C-D-E) in % totale - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Istat
STUDI – 15 giorni decisivi per politiche europee: 6 giugno BCE su tassi, 9 giugno elezioni europee e 19 giugno infrazione per deficit
Nei prossimi quindici giorni si collocano tre momenti chiave per le politiche economiche europee, che interessano cittadini e imprese nei 27 paesi dell'Unione europea. In questa prospettiva, appaiono necessarie le politiche per un’Europa a misura di MPMI, come evidenziato nelle proposte di Confartigianato ai candidati alle elezioni Ue, in grado di valorizzare l’attività dei 32 milioni di micro, piccole e medie imprese (MPMI) europee che danno lavoro a 103 milioni di addetti, il 64,8% dell’occupazione delle imprese dell’Unione. In Italia la quota del lavoro generato dalle MPMI sale al 75,2%.
6 giugno, decisione sui tassi BCE - Le stime preliminari pubblicate venerdì scorso da Eurostat indicano che a maggio l’inflazione è salita al 2,6% dal 2,4% di aprile. Il rialzo rende più incerto il taglio dei tassi nella riunione del Consiglio direttivo della BCE di giovedì prossimo. Come ha documentato il 29° report dell’Ufficio Studi di Confartigianato, nel corso della stretta monetaria, tra giugno 2022 e marzo 2024, le imprese italiane hanno subito una crescita dei tassi sui prestiti di 372 punti base, più severa rispetto i 335 punti base in più registrato nella media dell'Eurozona, determinando 8.953 milioni di euro di maggiori oneri finanziari per MPI tra giugno 2022-febbraio 2024. A seguito del caro-tassi, dopo un lunga fase espansiva, nel 2023 è tornata a scendere la propensione ad investire delle imprese.
9 giugno, risultati delle elezioni europee - Il Parlamento europeo che sarà eletto alla fine di questa settimana e la nuova Commissione definiranno le politiche europee su dossier chiave, tra i quali difesa, energia, commercio, relazioni internazionali e migrazioni.
Secondo l’ultima rilevazione di Eurobarometro, mediamente due cittadini europei su tre chiedono un politica comune europea, un orientamento che è più marcato per i cittadini spagnoli, tedeschi e italiani. Nel dettaglio si osserva un maggiore consenso per una politica di difesa e sicurezza comune tra gli Stati membri dell’UE (77% a favore nella media Ue e 78% in Italia), seguita da politica energetica (72% in Ue e 76% in Italia) (QE 28/5), politica commerciale (71% in Ue e 68% in Italia), politica estera (69% in Ue e 73% in Italia), politica in materia di migrazione (67% in Ue e 78% in Italia) e politica sanitaria (63% in Ue e 66% in Italia), mentre è meno diffuso il consenso per un ulteriore allargamento dell'UE ad altri paesi negli anni futuri (51% in Ue, in linea con il dato dell’Italia).
Una più ampia politica comune richiederebbe maggiori risorse che, però, sono ancora concentrate nei bilanci degli stati membri. Nel 2022 la spesa del bilancio dell’UE è di 243,3 miliardi di euro, pari al 3,1% dei 7.894 miliardi di spesa pubblica dei 27 paesi dell'Unione europea. Se sommiamo anche l’intervento straordinario di NextGenerationEU, l'ammontare di risorse europee sale al 3,9% della spesa pubblica dei 27 stati. Oltre metà (52,0%) della spesa dell’Unione è per le politiche di coesione, seguita dalle risorse naturali e ambiente con il 24%, per la quasi totalità (98,7%) allocata per agricoltura e pesca. Le politiche per il mercato unico, innovazione e agenda digitale assorbono il 10,3% della spesa, per vicinato e resto del mondo il 6%, per la pubblica amministrazione europea il 4,8%, mentre si registrano quote minime per migrazione e gestione delle frontiere (1,4%) e la difesa (0,5%).
19 giugno, procedura di infrazione per eccesso di deficit – A inizio 2024 sono tornate in vigore le regole del Patto di stabilità e crescita e il prossimo 19 giugno la Commissione europea proporrà l’avvio delle procedure di infrazione per i disavanzi eccessivi per alcuni paesi, con elevata probabilità anche per l’Italia, che nel 2023 presenta il deficit più ampio tra tutti i paesi dell’Unione europea. Inoltre, secondo la riforma della governance economica europea entrata in vigore lo scorso 30 aprile, in uno scenario ‘storico’ di crescita, l'Ufficio parlamentare di bilancio stima per l’Italia un aggiustamento annuale del saldo primario strutturale di mezzo punto percentuale di PIL nei prossimi sette anni. Infine, va considerato che la conferma nel 2025 di alcuni degli interventi finanziati solo per l’anno in corso dall’ultima manovra di bilancio richiederebbe ulteriori risorse di bilancio per 18,2 miliardi di euro.
Parte in salita la prossima manovra di bilancio, che si andrà a delineare con il nuovo Piano strutturale di bilancio di medio termine che sarà presentato alle autorità europee entro il prossimo 20 settembre.
Spesa dell’Unione europea per rubrica
2022, % sul totale - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Commissione europea
Cittadini favorevoli a politiche comuni europee per tipo di intervento nei maggiori paesi Ue
aprile-maggio 2024 - Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Commissione europea