Confartigianato dà i numeri del “forfettone”

A tre mesi dall’entrata in vigore del “regime dei minimi”, il cosiddetto “forfettone” introdotto dalla Finanziaria 2008, che ha previsto un’imposta secca del 20% sul reddito in alternativa a Irpef, Irap e Iva, Confartigianato traccia un primo bilancio delle imprese associate che hanno aderito alla nuova opzione. Il modello elaborato dall’Ufficio Studi Confederale ha preso in esame un campione significativo di 63.466 imprese, le cui contabilità sono gestite da un gruppo di 35 Associazioni di Confartigianato, che rappresentano il 55,1% dei 520.000 associati. L’analisi ha considerato le imprese che hanno i requisiti per aderire al regime dei minimi. Sono risultate in linea con i parametri fissati dal Ministero delle Finanze, il 23% delle ditte individuali del campione. Di queste il 41,7% (6.087 soggetti) ha aderito al regime semplificato. Per quanto riguarda la ripartizione geografica delle adesioni, il quadro che emerge è sostanzialmente equilibrato. Poche le variazioni, di ordine decimale, tra Nord (41,8%) e Centro-Sud (41,1). “Il risultato – spiega Andrea Trevisani, Direttore delle Politiche Fiscali di Confartigianato –conferma l’impegno informativo delle strutture della Confederazione che sono state molto attente a spiegare alle imprese associate le condizioni in cui poteva convenire, o meno, l’adesione al regime dei minimi, e i casi in cui il nuovo regime produce reali risparmi d’imposta”. All’indomani dell’entrata in vigore del “forfettone”, avvenuta lo scorso 2 gennaio, era stato proprio il vice Ministro dell’Economia Vincenzo Visco a chiedere alle Organizzazioni di categoria il massimo impegno nel comunicare agli associati i contenuti del nuovo regime. “Il Governo farà la sua parte – aveva detto Visco – nel dare le informazioni necessarie. Ma sarebbe importante che un contributo in tal senso venisse anche dal mondo delle Organizzazioni di categoria”. Le associazioni imprenditoriali e i consulenti fiscali “avvertano in questi giorni i propri associati e i propri clienti, se questi ultimi si trovano nelle condizioni di poter optare per il regime semplificato”. Il vice Ministro aveva concluso sottolineando che per il buon fine dell’iniziativa “il loro ruolo (quello delle Organizzazioni n.d.r.) e la loro responsabilità diventano decisivi”.


“Scossa” di primavera per la bolletta elettrica delle PMI

Nuova stangata per le piccole imprese, soprattutto quelle del settore manifatturiero e dell’edilizia, che dal prossimo primo aprile rischiano di veder lievitare la bolletta elettrica del 12,6%. All’origine dell’aumento non ci sono – per una volta – le tensioni dei mercati internazionali che spingono alle stelle il prezzo del petrolio, e di conseguenza dell’energia elettrica che nel nostro Paese viene prodotta in massima parte in centrali alimentate a gas, ma il nuovo meccanismo di calcolo dei consumi introdotto dall’Autorità per l’Energia. In base al nuovo metodo, definito di “profilazione in funzione del carico” – tecnicamente “load profiling” – il prezzo dell’elettricità varierà a seconda dell’orario di prelievo. La notte, la tariffa sarà più bassa, mentre la sera e il sabato, il costo sarà intermedio. A essere penalizzati saranno i consumi diurni, quelli compresi tra le 8 e le 18.00, dal lunedì al venerdì. In questa fascia si concentreranno gli aumenti tariffari che, secondo l’analisi dell’Ufficio Studi di Confartigianato, costeranno alle imprese circa 226 milioni di euro. Il “trattamento per fasce orarie” riguarderà tutte le imprese in bassa tensione, con potenza disponibile pari o inferiore a 55 kW, provviste di contatore elettronico. Si stima che attualmente le imprese dotate di misuratore elettronico dei prelievi di energia siano circa 854.784, pari al 25% del totale. Secondo le previsioni la copertura del 95% delle imprese sarà raggiunta solo nel 2011. L’Ufficio Studi Confederale ha realizzato un modello di impatto per valutare le ricadute del “load profiling” sui bilanci aziendali. La conclusione è che le piccole aziende, quelle che hanno un consumo diurno feriale poco flessibile - che non possono spostare i prelievi in fasce meno care - pagheranno la bolletta più salata. Edilizia e manufatturiero, con 1.706.089 aziende, guidano la classifica delle bollette “roventi”, concentrando l’85% dei consumi elettrici nella fascia tariffaria F1 (diurno-feriale) e solo il 15% in F23 (sabato, con sporadici turni domenicali o notturni). Poche le speranze di recuperare in modo significativo l’aumento rivolgendosi all’acquisto di energia sul mercato libero: secondo i calcoli i risparmi si aggirano intorno al 3,3%. Piuttosto poco rispetto all’aumento, che risulta invece consistente. Se poi si considera che tali benefici rischiano di ridursi ulteriormente in “virtù di una quota di imprese che accederanno al mercato libero realisticamente contenuta” – si legge nello studio di Confartigianato – ecco che l’introduzione delle fasce orarie rappresenta una mannaia sospesa sopra ad alcuni comparti, come l’Edilizia e il Manufatturiero, ma anche il Legno Arredo e la Moda, già in affanno per specifiche criticità congiunturali. Sulla questione del “trattamento per fasce orarie” appare difficile un dietro-front dell’Autority. Al contrario, sembra esserci ancora spazio per l’introduzione di misure per attenuarne l’impatto sulle piccole imprese. Di questa linea è il Presidente di Confartigianato Giorgio Guerrini che nei giorni scorsi ha inviato una lettera al Presidente dell’Autorità per l’Energia e il Gas, Alessandro Ortis, in cui ha fatto rilevare come “gli aumenti si aggiungono ad un costo dell’energia per le PMI tra i più alti d’Europa, difficilmente sostenibili in un momento di congiuntura economica come l’attuale, caratterizzato da stime di crescita dell’Unione Europea pari allo 0,6% per l’Italia a fronte del 1,7% dell’area euro”. Più in là il richiamo del Presidente Guerrini al peso delle PMI e alle anomalie del mercato elettrico: “La struttura economica del Paese è rappresentata per oltre il 90% da piccole imprese che operano in un mercato elettrico caratterizzato da una serie di pesanti anomalie più volte denunciate, quali un mercato libero concentrato nelle mani di pochi operatori e una fiscalità energetica fortemente sperequata in danno delle PMI, tutti fattori di contesto che rappresentano un forte ostacolo alla competitività del nostro Paese”. Da qui l’invito al Presidente Ortis “a prendere in considerazione l’allarme che proviene dal nostro mondo e a voler diluire nel tempo una ricaduta così pesante e difficilmente sostenibile, garantendo al mercato, agli operatori e agli utenti finali il tempo di organizzarsi affinché il passaggio avvenga con logiche di omogeneità, equità e trasparenza”.


Allarme di Confartigianato Prezzi energia - Dal 1° aprile per le piccole imprese manifatturiere rischio aumenti del 12,6% Il Presidente Guerrini sollecita l’intervento del Presidente dell’Autorità per l’Energia

Dal 1° aprile, oltre 1.700.000 piccole imprese manifatturiere e dell’edilizia rischiano di subire aumenti del 12,6% del costo dell’energia elettrica, pari a 226 milioni di maggiori costi. Leggere di più


Allarme Confartigianato -Prezzi energia

ENERGIA: Allarme Confartigianato. Prezzi energia - Dal 1° aprile per le piccole imprese manifatturiere rischio aumenti del 12,6%.Il Presidente Guerrini sollecita l'intervento del Presidente dell'Autorità per l'Energia


Contro il caro vita nasce il pane "low-cost"

Primavera tempo di saldi. Ma quest’anno, a causa dell’inflazione che per i beni più acquistati (quelli che compongono la lista della spesa degli italiani) ha toccato il 5%, a finire in promozione non sono solo gli articoli di abbigliamento, ma anche alcuni generi alimentari di prima necessità. Come il pane. Per un mese, dal 15 marzo al 15 aprile, i panificatori italiani potranno decidere in piena autonomia di fare sconti sulle tipologie di pane più diffuse e, nelle ore prima della chiusura, su tutti i tipi di pane in vendita. L’iniziativa è il frutto di quello che il Garante per la sorveglianza dei prezzi, Antonio Lirosi, ha definito un confronto “molto utile” con le associazione di categoria, tra queste, in prima linea, Confartigianato Panificazione. “Ho chiesto un’assunzione di responsabilità – ha dichiarato Mister Prezzi – per rispondere a una situazione di emergenza dovuta al carovita che è frutto di condizioni internazionali generalizzate”. Secondo le stime dell’Istat, nell’ultimo anno il prezzo del pane (quello del tipo più diffuso) è cresciuto del 12,5%. La dinamica della formazione del prezzo del prodotto è stata attentamente analizzata nel corso del confronto presso il Ministero dello Sviluppo economico. Conclusione: nessuna speculazione da parte dei panificatori. Gli aumenti derivano da una serie rilevante di rialzi, non solo delle materie prime – le farine registrano un aumento annuo tra il 26-28% e il 40% - ma anche di altri fattori di produzione quali energia elettrica, gas, affitti, trasporti, imposizione locale. “Si tratta di costi fissi sui quali non possiamo intervenire – sottolinea Enzo Mengoni Presidente dell’Associazione panificatori di Confartigianato –. Se poi aggiungiamo che il 70/80% dell’alimentare è in mano alla grande distribuzione, e che questa chiede ai fornitori uno sconto compreso tra il 50 e il 54%, ecco che un fornaio non ci arriva più”. Se l’iniziativa del pane dal prezzo ‘liberalizzato’ per un mese permetterà ai consumatori di risparmiare sulla spesa, l’ “assunzione di responsabilità” richiesta da Mister Prezzi peserà, per il momento, solo sui panificatori, ultimo anello di una lunga filiera. Da qui, la proposta che Mengoni ha rivolto ai panificatori associati a Confartigianato, per rendere compatibili le esigenze dei consumatori con quelle di ‘cassa’: individuare la varietà di pane più diffusa a livello locale e applicare a questa un prezzo calmierato. Nelle Marche, o nel Lazio, per esempio, questo potrebbe essere la ‘pagnotta’ nella pezzatura da mezzo chilo. Che già si candida a primo pane low-cost d’Italia.


Installazione di impianti, finalmente la “nuova 46/90”

L’installazione di impianti ha una nuova normativa. Finalmente, viene da pensare, considerato lo stallo legislativo che aveva bloccato il settore e la minacciosa rivoluzione dall’alto ipotizzata dal DPR 380/01, il Testo Unico sull’edilizia mai entrato in vigore. Un regolamento che avrebbe voluto riorganizzare le normative di settore ma che in realtà minava il ruolo fondamentale della qualificazione, che apportava una serie di inutili, costosi e ridondati adempimenti burocratici e che apriva il mercato a diversi addetti autorizzati ad operare senza una necessaria formazione “sul campo”. “Una vittoria sindacale importante per la categoria - debutta Luciano Mattozzi, presidente degli installatori di Confartigianato Imprese - soprattutto perché cancella la vecchia normativa in materia di impianti, in primo luogo il Capo V del DPR 380/01. Il nuovo regolamento ha tre grandi pregi: i primi due a vantaggio degli imprenditori, il terzo per i consumatori. Il decreto, inoltre, estende l’applicabilità della legge a qualsiasi edificio, qualunque sia la destinazione d’uso, superando così una delle più grandi falle della precedente normativa”. La parola d’ordine del nuovo regolamento, come auspicato dagli installatori artigiani, è qualificazione, requisito fondamentale per la sicurezza degli impianti e, di conseguenza, dei consumatori. Sono stati infatti innalzati e resi più selettivi i requisiti di qualificazione professionale per gli imprenditori del settore, che dovranno maturare due anni di esperienza lavorativa, se in possesso di diploma di maturità tecnica, e quattro anni nel caso di attestati di formazione professionale. Un’altra importante novità riguarda il rafforzamento della figura del responsabile tecnico dell’impresa. Il responsabile, che potrà ricoprire il ruolo soltanto in un’unica azienda, avrà maggiori responsabilità. A cominciare dalla possibilità di progettare impianti che non superano determinate soglie dimensionali e di emissione. Infatti, con la nuova “46/90”, il responsabile tecnico potrà curare la cosiddetta progettazione semplificata, evitando così il sistematico ricorso, spesso molto costoso, ai progettisti iscritti agli albi professionali. Il responsabile tecnico potrà anche effettuare perizie per decretare o meno la conformità di impianti già esistenti. Un attestato che, secondo la precedente normativa, poteva essere rilasciato soltanto dai professionisti. Il decreto 37/2008 ha bloccato anche la possibilità di conferire l’abilitazione professionale alle imprese edili in possesso dell’attestazione SOA. Una scelta adottata dal TU sull’edilizia ma cancellata, insieme all’ipotesi di istituire un Albo nazionale di categoria, dal nuovo regolamento. “Due decisioni - sottolinea Mattozzi - che puntano alla salvaguardia del mercato dell’installazione e che rappresentano una garanzia di sicurezza per i consumatori. L’Albo nazionale, inoltre, sarebbe stato uno strumento di accertamento burocratico, oneroso e fonte di inutili adempimenti a carico delle imprese”. Il nuovo decreto mira a responsabilizzare maggiormente anche gli utenti degli impianti, avendo specificato ciò che la vecchia normativa ammetteva implicitamente: la loro responsabilità oggettiva nel mantenere le caratteristiche di sicurezza dell’impianto. Sarà compito degli utenti, infatti, osservare le istruzioni d’uso e manutenzione dell’impianto, conservare la documentazione di conformità alle norme di sicurezza e consegnarla in caso di vendita dell’immobile, di nuova fornitura o di interventi di modifica sugli impianti di gas, energia elettrica o acqua.