16 Gennaio 2008, h. 00:00

Manodopera al lumicino: scoperta la metà dei posti di lavoro

Gli ultimi dati diffusi dall’Ufficio studi di Confartigianato sulle opportunità di lavoro offerte dall’artigianato confermano un’impressione da tempo diffusa. Nell’Italia del lavoro precario e mal pagato, trovare un idraulico, un falegname, un sarto, non è difficile solo per i consumatori, ma anche per le imprese che li assumerebbero ben volentieri. E anche con contratto a tempo indeterminato, confermano le statistiche. Se ci fossero, però. Nel solo 2007 le aziende avrebbero assorbito ben 162.550 figure dei più differenti profili professionali; per quasi la metà del totale non c’è stato niente da fare: 71.359 potenziali dipendenti mancano all’appello. Al primo posto della sconfortante classifica delle professionalità più richieste ma introvabili, si trovano parrucchieri ed estetisti. Il mercato ne cerca 7.970, ne mancano 4.718. I conti sono presto fatti: quasi il 60% dei posti rimane scoperto. Come già accennato, anche la ricerca dei falegnami e degli idraulici va male. Gli artigiani del legno occupano addirittura il secondo gradino del podio dei lavoratori più desiderati dalle piccole imprese. Lo scorso anno i posti previsti per loro erano 3.670. Inutile sottolineare che per il 73% sono rimasti vacanti. Peggio è andata solo a chi cercava addetti alla robotica. Non ne servivano moltissimi, “solo” 1.400, se ne sono trovati pochissimi, appena 350. E’ andata meglio, ma solo per una manciata di punti percentuali in più, la “caccia” delle imprese agli idraulici: ben 3.685 hanno risposto all’appello. Comunque ne servivano esattamente il doppio. Gravi problemi anche per completare gli organici di carpentieri (ne servono 2.890), meccanici e autoriparatori (fabbisogno stimato, 2.800 addetti), fornai e pastai (2.310 i lavoratori necessari). La situazione non migliora neppure quando lo studio di Confartigianato analizza le richieste di figure professionali di uno dei comparti più rappresentativi del made in Italy: la moda. Mancano i sarti e i tagliatori artigianali, stessa storia per modellisti e cappellai. Attenzione: il problema non riguarda solo i ruoli che necessitano di mani sapienti e di grande mestiere, ma anche quelli più tecnici. Non si trovano neppure gli addetti ai macchinari per confezioni di abbigliamento in stoffa, ne servirebbero 1.010, solo in 300 rispondono all’appello. C’è poco da dire, i dati confermano una crisi delle vocazioni fin troppo evidente: i giovani lavoratori italiani sembrano preferire un lavoro impiegatizio a tempo determinato, magari mal pagato, e anche a queste condizioni difficile da trovare, piuttosto che un qualsiasi mestiere. Secondo il presidente di Confartigianato Giorgio Guerrini il problema è soprattutto culturale e normativo. “Nessuno vuol sporcarsi più le mani. Da qualche decennio a questa parte il lavoro manuale è visto come un’occupazione di serie B. Anche le stesse famiglie di artigiani spingono i loro figli a cercare lavoro altrove. Piuttosto della vita di bottega, meglio il lavoro precario e a singhiozzo. Anche se nella bottega il lavoro non manca e, con l’esperienza, arrivano anche i guadagni. A livello normativo, invece, serve potenziare l’istituto dell’apprendistato, senza il quale è impossibile garantire la formazione e il ricambio generazionale dei lavoratori”. Che l’artigianato sia un serbatoio di occupazione stabile, lo dimostrano anche altri dati Confederali che sostanziano la seguente conclusione: chi cerca lavoro, lo trova più facilmente qui che altrove. Nel 2006 le aziende fino a 19 addetti hanno creato 361.000 posti di lavoro. Nello stesso periodo le grandi imprese ne hanno persi 114.000 e quelle medie 17.000. Se si analizza poi la tipologia dei contratti impiegati, mentre il lavoro a tempo indeterminato interessa l’86,4% del totale dei 16.961.000 dipendenti italiani, questa quota nelle piccole imprese sale al 90,7%. Dati di Confartigianato confermano puntualmente che la strada maestra verso il contratto a tempo indeterminato è rappresentata dall’apprendistato, uno strumento di alto valore formativo, la cui importanza è stata già sottolineata dal presidente Guerrini. L’indagine, condotta su un campione di 1.600 imprese con meno di 20 addetti, artigiane e non, certifica che il 70,1% degli apprendisti in quel momento in azienda, sono destinati all’assunzione.

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