30 Ottobre 2009, h. 00:00

Giuseppe De Rita, una lectio magistralis per il Festival della Persona

Giuseppe De Rita, Presidente del CENSIS, è intervenuto al Festival della Persona di Arezzo tenendo una lectio magistralis dal titolo “Ripartire dalla Persona. Come declinare oggi la centralità della persona, nella società e nella politica?”. Un intervento di un’ora, una riflessione finalizzata a dimostrare che la “persona senza comunità, la persona senza il rapporto sociale, la persona senza la relazione con l’altro è un mito, è una monade che non ha molto valore”, ha debuttato il Segretario generale del Centro Studi Investimenti Sociali nel suo intervento d’apertura della seconda giornata del Festival aretino firmato Confartigianato Persone. “Siamo stati sempre portati a vedere la vita come biografia individuale e non come aderenza ad una vita superiore. I greci, in fondo, distinguevano tra la vita come zoé, cioè come rapporto con la natura, come crescita, come virtualità e vitalità di quello che sta intorno, la trasformazione, la divinità, ed il bios personale, la biografia che diventa storia. Una distinzione che troviamo tanto nella cultura greca classica quanto nella Bibbia, con gli esempi di Edipo e di Giobbe”. Anche Giuseppe De Rita, dunque, ha sottolineato l’impossibilità di pensare alla persona come a qualcosa di distante, di diviso dal proprio contesto sociale e culturale. “Lo sforzo che ciascuna persona compie per contribuire al miglioramento suo e degli altri è la partecipazione alla creazione del sovrannaturale. Non c’è individuo ma la partecipazione all’universale”. Per il Presidente del CENSIS non c’è dubbio, “l’uomo non può sfuggire alla realtà che ci vede condannati ad una biografia individuale, nonostante oltre al bios ci sia anche il divino, il sovrannaturale”. Una biografia individuale che, “prima degli anni ‘60 e ’70, era parte integrante di una più vasta dimensione collettiva. Si era cattolici, ad esempio, non in quanto dentro ti sentivi personalmente investito di una coscienza cattolica ma perché facevi parte di una biografia collettiva che era il cattolicesimo italiano”. Negli anni ’60, invece, la relazione tra sfera individuale e collettiva si rompe. “Le biografie individuali – rilancia De Rita – non ce la fanno più a resistere dentro alla biografie collettive. L’individualismo, il soggettivismo, il primato della persona invade tutto. I partiti ed i sindacati, ad esempio, sono scomparsi. In parte a causa di difetti propri, soprattutto, però, perché la persona diventa importante. Troviamo l’individualismo nel consumo e nelle decisioni personali, l’obiezione di coscienza rispetto alle scelte dello Stato, la tematica del divorzio, dove la persona inizia a credere che nessuno, né lo Stato né la Chiesa, possa imporre una moglie che non si desidera più”, ha aggiunto De Rita nel corso del proprio intervento al Festival della Persona. Un soggettivismo che ha invaso e pervaso ogni campo d’attività umana. Dall’imprenditorialità alla religione, dalla cultura alla politica, “dove la personalizzazione ha raggiunto i propri picchi con la politica personalista di Craxi e del nostro Presidente del Consiglio. La politica è ormai un’avventura del singolo, come succede nel mondo imprenditoriale dove l’azienda è l’avventura del singolo imprenditore. D’altronde – ha aggiunto – la stesso organizzazione politica non è più fatta di sezioni politiche ma di fondazioni personali”. Un atteggiamento netto, di chiusura totale. Ciò che il singolo sente, ciò che prova e pensa è diventato più importante di ciò che prova e sente la collettività. Un atteggiamento, però, che ha già mostrato i propri limiti sociali. “Ma la coesione dove sta? Ed il rapporto con gli altri?”, ha rilanciato il Segretario De Rita. “Il soggettivismo non è capace di correggere se stesso. Oggi, quindi, viviamo uno stato di difficoltà perché quando tutto è primato del soggetto non c’è primato del soggetto. Ormai, per citare il Direttore de Il Sole 24 Ore, Ferruccio de Bortoli, sono le opinioni che fanno i fatti e non i fatti che inducono le opinioni”. Società, economia, religione e condizioni di lavoro, con “la precarietà che oggi non è soltanto la mancanza di una certezza professionale ma la mancanza di valori a cui aggrapparsi”, il Segretario generale del CENSIS, citando un talmudista francese, ha poi sottolineato come “le crisi nascano dal timore dei cieli”, riferendosi alla tesi per cui Dio creò prima i cieli, poi i mari ed infine la terra. “I cieli, ad un certo punto, hanno avuto paura di essere invasi dai mari, cioè da quella dimensione occulta, misteriosa, sommersa, probabilmente sporca, che viene dal fondo del mare – ha ripreso De Rita – I cieli hanno avuto paura e Dio, creando la terra, ha creato una mediazione tra le due parti. La nostra paura è che il nostro cielo, la mente, la razionalità, venga invaso dal sommerso, dall’inconscio, dall’istinto, quelle stesse componenti che, dal basso, hanno fatto grande questo Paese e che l’individuo non riesce ad equilibrare”. Il fai da te, intesa come pratica pura dell’individualismo, e la vita comunitaria sono gli altri argomenti affrontati da Giuseppe De Rita nel corso della propria lectio magistralis. Un approfondimento con cui è stata sottolineata la necessità di “ricreare la vita di comunità sui principi e la cultura della vita moderna. Il problema è che l’altro, le persone, le vivi soltanto nella comunità. Tutto, quindi, va organizzato affinché la comunità abbia questi due sensi fondamentali: l’altro e le persone. Questo perché qui c’è l’anima, l’anima della comunità che dà anima anche a quel singolo che, dopo sessant’anni di cavalcata, non basta più la biografia personale. Ha bisogno, invece, della biografia collettiva”, ha concluso Giuseppe De Rita”.

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