12 Luglio 2010, h. 00:00

Primi segnali di ripresa per i consorzi di garanzia fidi dell’artigianato

La recente crisi finanziaria che ha colpito le economie di mezzo mondo ha confermato quello che artigiani e piccoli imprenditori sapevano già da tempo: i Consorzi Fidi possono sostenere gli investimenti e semplificare il rapporto spesso travagliato tra le banche e chi fa impresa nel nostro Paese. “Durante la crisi, i Confidi si sono dimostrati uno strumento estremamente efficace per continuare a garantire l’accesso al credito alle piccole e piccolissime imprese. In un momento in cui le banche dovevano fare delle scelte anche dolorose su chi finanziarie o meno, la garanzia del Confidi è stata una sorta di certificazione sulla bontà dell’impresa”, ha sottolineato con convinzione Giorgio Gobbi, direttore Servizio Studi struttura economica e finanziaria della Banca d’Italia. Dai lavori della Convention 2010 di Fedart Fidi, la federazione che riunisce i 167 confidi dell’artigianato italiano, è emerso uno scenario complesso per le imprese. Nel primo quadrimestre del 2010, secondo l’analisi congiunturale presentata in Sardegna, si è registrato un aumento del 32,6% delle garanzie offerte agli imprenditori. Attualmente, i Confidi artigiani hanno 5.068 milioni di euro di garanzie in essere, con le operazioni a breve termine, che nonostante un calo rispetto al passato, sono ancora la tipologia d’intervento più richiesta. “Oggi – ha evidenziato Daniele Alberani, Presidente di Fedart Fidi – presentiamo la prima analisi congiunturale quadrimestrale. Un’iniziativa nuova, innovativa, che ci permette di avere una fotografia in tempo reale dell’attività del nostro mondo, dell’attuale stato di salute dei Confidi”. Come se non bastasse, la crisi è coincisa con la rivoluzione di Basilea 2, che ha stravolto i tradizionali scenari bancari, introducendo parametri che hanno irrigidito i criteri per le garanzie richieste alle imprese e le possibilità operative dei confidi. “Con Assoconfidi abbiamo portato in audizione parlamentare un documento in cui rappresentiamo le nostre richieste – ha annunciato ancora Alberani – soprattutto incentrato sulla specificità e sulle regole che devono riguardare in maniera esclusiva l’attività dei Confidi, che non può essere parificata a quella di tutti gli altri intermediari finanziari”. E mentre i confidi dovranno risolvere il dilemma tra articolo 106 e articolo 107, le piccole imprese del paese dovranno confrontarsi con un futuro ancora difficile. “Esistono ancora molti elementi di incertezza che derivano, sia dall’evoluzione del quadro internazionale, con tensioni finanziarie non ancora del tutto sopite, sia anche dalla ripresa interna – ha ammesso ancora Gobbi – i segnali ci sono, ma sono ancora troppo timidi. Credo che anche i prossimi mesi saranno duri per le micro e piccole imprese del Paese”. Se questo è il futuro che attende le micro e piccole imprese, la politica italiana, che proprio in questi giorni sta lavorando alla riforma di una corposa parte del Testo Unico Bancario, dovrà offrire al mondo dei confidi una maggiore semplificazione, una più corposa capitalizzazione ed una nuova era nel rapporto tra confidi e le organizzazioni di rappresentanza dell’artigianato.

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