10 Ottobre 2011, h. 00:00

Con Impresa Famiglia ripartono le lezioni della Scuola per genitori

Tutto è pronto per un nuovo anno di corsi di Impresa Famiglia, la Scuola per genitori nata nel 2004 a Vicenza e che è stata capace di raccogliere consensi e di aumentare il numero di province coinvolte. Ad oggi, sono 28 le associazioni che hanno aderito ad un’iniziativa che punta a far luce sui tanti coni d’ombra della società moderna. Problemi delle nuove generazioni, che oggi entrano prepotentemente nelle case delle famiglie italiane e che, nella maggior parte dei casi, restano nascosti agli occhi dei genitori. Confartigianato ha creduto in questa manifestazione, promuovendo a livello territoriale incontri, dibattiti e serate per parlare, capire e approfondire tanti temi attuali, dai disagi giovanili ai disturbi alimentari, dalla sessualità alla droga. L’obiettivo principale di Impresa Famiglia è riavvicinare i genitori ai figli, attraverso il dialogo ed il confronto famigliare. “In questi ultimi anni c’è stata una vacanza di genitorialità – ha denunciato il famoso sociologo Paolo Crepet, direttore scientifico di Impresa Famiglia – Noi genitori pensavamo che bastasse dare una paghetta ai figli, amministrare un po’ di libertà e il gioco era fatto. A conti fatti, i risultati non sono buoni. Vuol dire che abbiamo sottovalutato l’importanza della scuola, della formazione vera a favore di quella mordi e fuggi. Tutto questo è stato un errore educativo”. Problemi della società moderna, che genitori e figli affrontano ogni giorno, dentro e fuori casa. E non è un caso che a pensare a queste problematiche sia stata proprio un’organizzazione di rappresentanza degli artigiani. Imprenditori a dimensione di famiglia, propria e dei propri dipendenti. “Quando l’imprenditori è anche il padre dei tre, quattro dipendenti che lavorano in azienda, è chiaro che il corto circuito sociale è immediatamente visibile. In un’impresa artigiana ci si confronta ogni giorno su tanti aspetti, da quelli lavorativi a quelli familiari di ciascuno. Ecco perché – ha concluso Crepet – la coscienza di un’organizzazione di rappresentanza, che per giunta ha una ramificazione capillare sul territorio, è molto più sensibile. L’impresa artigiana è impresa diretta. Altri tipi di impresa, invece, rappresentano sì il pil nazionale, ma il pil non è coscienza”.

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