28 Novembre 2011, h. 00:00

I prodotti alimentari cambiano etichetta: arriva quella europea

Ore contate per le informazioni illeggibili, sparpagliate qua e là sulle confezioni alimentari che costringono il consumatore a girare e rigirare un prodotto prima di farsi un’idea su scadenza, avvertenze e ingredienti. Stop alle indicazioni fuorvianti e ai cibi taroccati che a breve non potranno più nascondere la mancanza di qualità dietro formule fantasiose come nel caso dei ‘simil-formaggi’. Dopo quattro anni di dibattito e trentadue di attesa, il 22 novembre è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea il nuovo regolamento comunitario sulle informazioni alimentari ai consumatori che introduce l’etichetta alimentare ‘unica’ per tutti i 27 Paesi di eurolandia. D’ora in poi, le etichette che contrassegnano cibi e alimenti dovranno essere chiare, trasparenti e leggibili, indicare la composizione del prodotto, provenienza, proprietà nutritive ed eventuali allergeni. La principale novità riguarda proprio l’obbligo di riportare la tabella nutrizionale sulle confezioni, un obbligo che per ora non riguarda tutti i produttori. “Per i piccoli produttori, soprattutto quelli che vendono il prodotto non confezionato nel locale adiacente la produzione, l’obbligo non c’è – spiega il Presidente di Confartigianato Alimentazione Giacomo Deon – ma anche queste piccole aziende se magari vogliono allargare il proprio mercato, quindi entrare eventualmente nella grande distribuzione, dovranno comunque riportare queste informazioni sui propri prodotti. La grande distribuzione e l’export, infatti, richiedono questo tipo di “certificazione”: se non ce l’hai sei tagliato fuori”. Pasticcerie, gelaterie, laboratori di pasta fresca, insomma, quanti realizzano prodotti sfusi, per il momento sono esentati. Ma l’Italia potrebbe decidere di estendere l’obbligatorietà anche a loro. Per Confartigianato Alimentazione, però, la strada da percorrere è la scelta su base volontaria. “Poi è chiaro – rimarca Deon – se un artigiano vuole dare un valore aggiunto alle sue produzioni potrebbe decidere di farlo”. I singoli paesi dell’Unione Europea avranno tre anni di tempo per adeguarsi alle nuove disposizioni e potranno prevedere ulteriori giri di vite, ad esempio, introducendo prescrizioni più stringenti sulla provenienza quando esiste uno stretto legame tra la qualità del prodotto e la sua origine, come nel caso delle indicazioni italiane Dop e Igt.

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