28 Novembre 2017, h. 16:31

STUDI – Cresce la qualità del made in Italy: in cinque anni +9,4% il valore intrinseco delle esportazioni, trainato da +17,2% dei beni strumentali e dal +12% dei beni di consumo

Negli ultimi anni si è ampliata la presenza delle imprese italiane sui mercati internazionali, fenomeno caratterizzato da una crescente qualità dei prodotti venduti, come evidenziato dal divario tra la crescita del valore medio unitario delle esportazioni – calcolato come rapporto tra valore delle merci vendute e la quantità delle stesse – e la dinamica dei prezzi alla produzione.

Nei settori della trasformazione manifatturiera – ed esclusione di energia e prodotti intermedi caratterizzati da una elevata presenza di materie prime con prezzi più volatili – il valore dei beni esportati cresce più velocemente dei relativi prezzi all’export: ne consegue che le vendite all’estero sono caratterizzate da un maggior valore intrinseco, indice di una più elevata qualità.

Nel dettaglio negli ultimi cinque anni il valore medio unitario nel Manifatturiero non energetico è cresciuto del 9,4% a fronte di un aumento di solo lo 0,4% dei prezzi alla produzione sui mercati esteri.

La risposta delle imprese italiane con prodotti di alta qualità è più marcata nella tecnologia made in Italy: tra il 2012 e il 2017 il valore dei beni strumentali sale del 17,2% mentre i prezzi alla produzione sono stazionari (+0,3%). Anche per i beni di consumo sale la qualità intrinseca del made in Italy, con un aumento del 12,0% del valore dei beni esportati a fronte di un aumento del 2,8% dei prezzi sui mercati esteri. Tra questo ultimi il divario più ampio per i beni di consumo durevoli – quali mobili, mezzi trasporto, apparecchiature elettroniche, gioielleria, ecc. – dove il valore sale dell’11,8% a fronte di una stazionarietà dei prezzi alla produzione sui mercati esteri, mentre per i beni di consumo non durevoli il valore medio sale del 12,0% e i prezzi alla produzione sui mercati esteri salgono di un più limitato 3,6%.

Tra i beni di consumo un nostro recente report sulla Moda presentato in streaming a Cagliari lo scorso 18 novembre evidenzia che in cinque anni il maggiore upgrade qualitativo nel comparto lo riscontriamo per le calzature. In media un paio di scarpe venduto all’estero cinque anni fa a 100 euro oggi, tenuto conto dell’adeguamento dei listini, avrebbe un prezzo di 106 euro, mentre sono invece vendute sui mercati esteri a 132 euro, evidenziando un maggiore valore qualitativo intrinseco del prodotto, determinate da un migliore design, una più alta qualità delle materie prime, ovvero nuove funzionalità, risultati dei processi di innovazione delle imprese.

Questo posizionamento sui mercati internazionali è reso possibile in quanto la qualità e l’innovazione sono le strategie dominanti delle imprese italiane, come evidenziato da una nostra recente analisi: l’orientamento strategico delle imprese manifatturiere italiane alla qualità si riscontra nell’82,1% dei casi e quello all’innovazione nel 72,6% delle imprese.

Una analisi su investimenti digitali, innovazione e made in Italy è stata presentata ieri dall’Osservatorio MPI di Confartigianato Lombardia all’Assemblea annuale di Confartigianato Lecco.  Clicca qui per scaricare le slides della presentazione.

 

 

Dinamica 2012-2017 valore medio unitario, prezzi alla produzione estero

Anno 2017: media settembre2016-agosto 2017 – var. % cumulata, escluso RPI Energia – Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Istat

 

 

Dinamica valori medi unitari esportazioni e prezzi alla produzione estero per Tessile, Abbigliamento e Calzatura

2006 e 2016 – Var. %  cumulata media gennaio-dicembre – Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Istat

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