3 Maggio 2016, h. 12:52

STUDI – Tra le top 20 economie con il 60,6% del PIL mondiale l’Italia è prima per occupazione nelle MPI con meno di 20 addetti con il 57,7% del totale, il doppio della media

La struttura produttiva italiana presenta la connotazione caratteristica data dal rilievo della micro e piccola impresa che la differenzia sul panorama internazionale. Se prendiamo a riferimento le venti prime economie di cui si dispongono di dati sulla struttura di impresa nella comparazione proposta dall’Ocse nel rapporto Entrepreneurship at a Glance 2015 l’Italia presenta la leadership per quota di occupati in micro e piccole imprese con meno di 20 addetti: tra le venti economie – che insieme rappresentano il 60,6% del Pil mondiale –  l’Italia mostra una quota di occupati nelle micro e piccole imprese (MPI) con meno di 20 addetti pari al 57,5%, il doppio rispetto al 29,0% delle media, e davanti a Corea con il 54,6%, Spagna con il 49,9%, Belgio con 42,9%, Polonia con 41,8%, Messico con 38,0%, Francia con 37,1%, Israele con 36,6%, Olanda con 36,6%. La quota di occupati in MPI è di 27,6 punti superiore al 29,9% della Germania, di 31,9 punti superiore al 25,6% del Regno Unito, di 34,9 punti superiore al 22,6% del Giappone e di 39,4 punti superiore al 18,1% degli Stati Uniti.

In Italia le MPI sono 4.222.442, rappresentano il 98,3% delle imprese, danno lavoro a 9.197.217 addetti di cui 4.360.617 sono dipendenti, generano 1.079 miliardi di euro di fatturato e producono valore aggiunto per 277,1 miliardi di euro. Nel dibattito in corso sulle politiche per la ripresa, un recente intervento dei professori Alberto Alesina e Francesco Giavazzi evidenzia, tra l’altro, la criticità della dimensione delle nostre imprese, che sono troppo piccole, sottolineando la più alta quota di grandi imprese presente in Francia e Germania. A tal proposito va evidenziata la peculiarità della struttura produttiva italiana, in cui gli occupati in micro e piccole imprese con meno di 20 addetti sono tre volte gli occupati della grandi imprese. Inoltre la dimensione di impresa appare un fattore strutturale difficilmente manovrabile per stimolare la crescita: basti pensare che nell’arco degli ultimi dieci anni disponibili sul piano statistico – dal 2003 al 2013, periodo che comprende la più grave recessione dal dopoguerra con una forte selezione delle imprese – la quota percentuale di occupati nelle grandi imprese è salita di 0,16 punti all’anno, un ritmo che richiederebbe 106 anni per raggiungere la quota della Germania che secondo i dati dell’Ocse ha occupati in grandi imprese pari al 37,5% del totale contro il 20,1% dell’Italia. Inoltre i dati di più lungo periodo evidenziano un progressivo abbandono della grande  dimensione: in trent’anni la quota di occupazione della grande impresa si è ridotta di un terzo passando dal 30,5% del 1971 al 21,4% del 2001.

Inoltre viene evidenziato che “imprese troppo piccole non hanno risorse sufficienti per investire in ricerca e sviluppo”; a tal proposito va ricordato che secondo l’ultima rilevazione resa disponibile dall’Istat nel 2013 la spesa per R&S nelle imprese aumenta del 3,4% rispetto all’anno precedente e l’aumento è trainato dagli investimenti delle piccole imprese (+18,8%), mentre scende la spesa delle grandi imprese (-1,7%).

Inoltre va sottolineato che politiche che rafforzino il sistema di micro e piccola impresa consentono di mantenere gli investimenti sul territorio italiano; a tal proposito si ricorda che il settore manifatturiero più rilevante per addetti in grande imprese – la Fabbricazione di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi – è l’unico che registra un numero di addetti impiegati nelle imprese residenti all’estero a controllo nazionale superiore a quello degli addetti delle imprese residenti in Italia, con un grado di internazionalizzato del 106,2%. A tal proposito va ricordato come secondo una analisi di Mediobanca: “i maggiori gruppi manifatturieri italiani con organizzazione multinazionale si stima abbiano realizzato nel 2014 ricavi domestici pari al 10% del giro d’affari complessivo. La quota estera (90%) è derivata per il 24% da attività esportativa e per il 66% dalle vendite di insediamenti ubicati oltre frontiera (“estero su estero”).” (Mediobanca “Dati cumulativi di 2055 società italiane”, edizione 2015, pagina XII).

Infine va evidenziato che nuove tecniche statistiche potrebbero elevare artificiosamente la dimensione di impresa. In particolare si segnala che il progetto Framework Regulation Integrating Business Statistics (FRIBS) lanciato da Eurostat ridefinirà le statistiche sulla struttura di impresa, in particolar modo mediante una riconsiderazione dei gruppi di impresa. A tal proposito va osservato che nel 2013, i gruppi di impresa in Italia sono 92.556, comprendono 212.140 imprese attive e occupano 5.546.553 addetti, di cui 1.117.214 (il 20,0%) sono occupati in piccole imprese, con una dimensione media di 26,4 addetti per impresa. Un recente working paper dell’Istat evidenzia che nel caso di attuazione del progetto europeo “a livello macro sono attese rilevanti modifiche sulla numerosità della popolazione di imprese (riduzione del numero), sulla distribuzione per dimensione in termini di addetti (aumento del peso delle imprese di maggiore dimensione)”, concretizzando la prospettiva dell’introduzione di un “ormone statistico della crescita” della dimensione media delle imprese. A tal proposito va ricordato come oggi molte statistiche ufficiali europee soffrano di una pesante asimmetria, rendendo difficile intercettare le dinamiche del sistema produttivo italiano: i regolamenti comunitari produzione di statistiche su chiave quali l’innovazione (Regolamento Ce n. 1450/2004) o la ricerca e  sviluppo (Regolamento Ce n. 753/2004) individuano l’obbligo di rilevazione per le imprese con 10 addetti ed oltre, tagliando fuori dal campo di osservazione per l’Italia, il 95,3% delle imprese e la metà (47,4%) degli addetti.

 

Occupati in Micro e Piccole Imprese fino a 20 addetti nelle top 20 economie

(Anno 2012 o anno più recente disponibile – Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Ocse)

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Spesa delle imprese per R&S intra-muros per classe di addetti

(Var. % tra 2012 e 2013 – Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Istat)

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Trend quota occupati in grandi imprese in 30 anni: 1971-2001

(1971-2001: dati Censimenti Industria Servizi – Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Istat)

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